Il commissariamento dell'Asp di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose è utile a salvaguardare l'amministrazione pubblica. Accanto ai problemi di infiltrazioni, di cui il governo si è fatto giustamente carico, bisogna completare l'opera e ricordare la storia gestionale di questa azienda, negli anni caratterizzata dalla totale assenza di normalità, da nomine dirigenziali illegittime, dalla sparizione dei documenti sull'uscita di circa 400milioni, dalla mancanza di programmazione, dall'affossamento di reparti fondamentali per il territorio, da logiche e pratiche clientelari e da un'irresponsabilità politica assoluta dei vecchi centrodestra e centrosinistra.
L'attenzione resti alta sulle necessarie verifiche in ordine a possibili interessi criminali nella sanità reggina, fermo restando che, indipendentemente da appetiti o radici criminali, nel tempo l'Asp di Reggio Calabria è stata gestita nel peggiore dei modi e questo lo sapevano tutti; anche il prefetto Michele Di Bari, che per esempio convocò più tavoli, rivelatisi infruttuosi, sull'ospedale di Locri.
Perciò bisogna considerare che nell'Asp reggina c'è una situazione amministrativa che ricorda tanto i regimi sudamericani. Soprattutto con riferimento alla sanità, è dunque indispensabile che la magistratura abbia gli strumenti migliori per reprimere i reati contro l'amministrazione pubblica. Ancora, occorre invertire la tendenza nella selezione dei vertici delle aziende del Servizio sanitario calabrese, che gira e volta sono sempre gli stessi manager, trasversali, protagonisti di buchi di bilancio grossi quanto certificati.
Ci auguriamo che la 'ndrangheta venga messa all'angolo, ma siamo consapevoli che le falle del sistema sanitario regionale hanno cause in primo luogo politiche, per rimuovere le quali serve la coscienza e la voglia di riscatto degli elettori calabresi.
* Nota sottoscritta insieme ai colleghi parlamentari del MoVimento 5 Stelle Francesco Sapia, Giuseppe d'Ippolito e Bianca Laura Granato.
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