Enzo Ciconte si presenta come l'uomo della svolta per il futuro di Catanzaro. Un po' come Mario Oliverio fece alle ultime regionali, poi sappiamo come è andata a finire. Nel segno dell'alternanza e del cambiamento, dal 1998 Ciconte è Presidente dell'Ordine dei medici e degli odontoiatri della provincia di Catanzaro. Ciconte è inoltre primario cardiologo presso l'ospedale “Pugliese”, di cui è stato anche direttore generale. Un'importante figura della sanità, che da vertice del Pugliese aprì un pronto soccorso che non aveva i requisiti ma disponeva di una cucina all'interno. Cucinare è meglio che curare.
Da consigliere regionale della Calabria non ha mai aperto bocca sulle grandi questioni del diritto alla salute. Si ricorda un suo intervento piattissimo nella seduta del 30 marzo 2016 sulla sanità, dopo il quale si allontanò come uno stanco burocrate dell'Ottocento.Sull'integrazione forzata tra Pugliese e policlinico universitario, Ciconte non ha detto nulla, benché sia un primario del Pugliese. E nulla ha detto o fatto sulla necessità di garantire sicurezza operativa alla Cardiochirurgia del policlinico “Mater Domini”, per cui i fatti ci hanno dato ragione.
Nulla Ciconte ha detto sui quasi due miliardi di euro che lo Stato deve alla Calabria per la cura dei pazienti cronici; nulla sugli abusi della struttura commissariale per il piano di rientro; nulla ha detto sui conti opachi del piano di rientro; nulla sul rifiuto del sub-commissario Urbani di firmare il decreto sulle prime, indispensabili 600 assunzioni di personale; nulla sull'applicazione della normativa europea sui turni e i riposi obbligatori, in virtù della quale alla Calabria spettano circa 1300 operatori della sanità, tra medici, infermieri e altre figure. Nulla Ciconte ha detto sulle curiose procedure concorsuali per i direttori di unità operative in strutture dell'Asp di Catanzaro; nulla sull'illecito surplus di finanziamento del policlinico universitario; nulla sulla proroga illegittima dei commissari delle Asp di Crotone e di Reggio Calabria; nulla sulla proroga illegittima del commissariamento della Calabria per la sanità; nulla sul rifacimento arbitrario della rete dell'assistenza ospedaliera; nulla sulle nomine sanitarie illegittime riconducibili all'amministrazione di Oliverio-Pallapalla. Nulla su nulla.
Mentre noi del MoVimento 5 Stelle parlavamo e denunciavamo, Ciconte contemplava l'essenza politica del nulla. E, si sa, quando uno non dice e non fa nulla, poi viene candidato quale sindaco, proprio perché offre la garanzia di non dire e di non fare nulla.
Insomma, Ciconte è per Catanzaro il doppione di Guccione per Cosenza. Tutti e due ex assessori della prima giunta Oliverio, la cosiddetta «giunta leggera». Tutti e due coinvolti per peculato nella vicenda Rimborsopoli; tutti e due cariatidi del Partito democratico; tutti e due presunti portavoti. Tutti e due con la faccia di quelli che, come Ciàula di Pirandello, scoprono la luna.
Ciconte è alla sua seconda legislatura in Consiglio regionale. Siccome non è rientrato come assessore regionale, ora cerca un posto al sole da sindaco di Catanzaro. Del resto, in Consiglio regionale non può reggere: a forza di non fare nulla, finisce che poi qualcuno del Pd se ne accorge e lo contesta pure, e magari lo mandano a ripetizione da Gaetano Pignanelli, che almeno riveste il nulla politico di Oliverio di codici giuridici che farebbero impallidire perfino l'Azzecca-garbugli dei “Promessi sposi”.
Da consigliere regionale della Calabria non ha mai aperto bocca sulle grandi questioni del diritto alla salute. Si ricorda un suo intervento piattissimo nella seduta del 30 marzo 2016 sulla sanità, dopo il quale si allontanò come uno stanco burocrate dell'Ottocento.Sull'integrazione forzata tra Pugliese e policlinico universitario, Ciconte non ha detto nulla, benché sia un primario del Pugliese. E nulla ha detto o fatto sulla necessità di garantire sicurezza operativa alla Cardiochirurgia del policlinico “Mater Domini”, per cui i fatti ci hanno dato ragione.
Nulla Ciconte ha detto sui quasi due miliardi di euro che lo Stato deve alla Calabria per la cura dei pazienti cronici; nulla sugli abusi della struttura commissariale per il piano di rientro; nulla ha detto sui conti opachi del piano di rientro; nulla sul rifiuto del sub-commissario Urbani di firmare il decreto sulle prime, indispensabili 600 assunzioni di personale; nulla sull'applicazione della normativa europea sui turni e i riposi obbligatori, in virtù della quale alla Calabria spettano circa 1300 operatori della sanità, tra medici, infermieri e altre figure. Nulla Ciconte ha detto sulle curiose procedure concorsuali per i direttori di unità operative in strutture dell'Asp di Catanzaro; nulla sull'illecito surplus di finanziamento del policlinico universitario; nulla sulla proroga illegittima dei commissari delle Asp di Crotone e di Reggio Calabria; nulla sulla proroga illegittima del commissariamento della Calabria per la sanità; nulla sul rifacimento arbitrario della rete dell'assistenza ospedaliera; nulla sulle nomine sanitarie illegittime riconducibili all'amministrazione di Oliverio-Pallapalla. Nulla su nulla.
Mentre noi del MoVimento 5 Stelle parlavamo e denunciavamo, Ciconte contemplava l'essenza politica del nulla. E, si sa, quando uno non dice e non fa nulla, poi viene candidato quale sindaco, proprio perché offre la garanzia di non dire e di non fare nulla.
Insomma, Ciconte è per Catanzaro il doppione di Guccione per Cosenza. Tutti e due ex assessori della prima giunta Oliverio, la cosiddetta «giunta leggera». Tutti e due coinvolti per peculato nella vicenda Rimborsopoli; tutti e due cariatidi del Partito democratico; tutti e due presunti portavoti. Tutti e due con la faccia di quelli che, come Ciàula di Pirandello, scoprono la luna.
Ciconte è alla sua seconda legislatura in Consiglio regionale. Siccome non è rientrato come assessore regionale, ora cerca un posto al sole da sindaco di Catanzaro. Del resto, in Consiglio regionale non può reggere: a forza di non fare nulla, finisce che poi qualcuno del Pd se ne accorge e lo contesta pure, e magari lo mandano a ripetizione da Gaetano Pignanelli, che almeno riveste il nulla politico di Oliverio di codici giuridici che farebbero impallidire perfino l'Azzecca-garbugli dei “Promessi sposi”.
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