Sul servizio idrico permane in Calabria il grande silenzio della Regione. Giova qui elencare alcuni nodi di spessore: applicazione di tariffe illegittime da parte di Sorical; incompiuta trasparenza gestionale; riduzione dei cittadini a meri utenti, obbligati a pagare caro e spesso a vuoto; prolungate mancanze o carenze d'acqua, di dubbia salubrità in un'ampia area tra le province di Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria; incertezze sui tempi delle analisi di potabilità nonché sul controllo degli acquedotti; ruolo di commissario liquidatore di Sorical assegnato a Luigi Incarnato, ex assessore regionale ai Lavori pubblici e dunque già titolare delle politiche per l'acqua, quindi capo delle corrispondenti strutture tecniche.
Ad oggi si fa finta di nulla. Si ignora con imperdonabile cinismo che il sistema dell'invaso artificiale Alaco – situato nelle Serre calabresi – potrebbe essere fonte di pericolo per un terzo della popolazione regionale. Resta aperto, poi, il capitolo sull'aumento arbitrario delle tariffe, su cui non esistono argomenti contrari, specie alla luce di sentenze cristalline; su tutte la numero 246/2009 della Corte costituzionale, che ha ribadito – anche in risposta a un ricorso della stessa Regione Calabria – che la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato è soltanto dello Stato.
Non è stato ancora accertato quanto Sorical abbia potuto percepire oltre misura, per via della ricordata maggiorazione. Inoltre non ha mai avuto luogo un approfondimento politico sul punto. Mai un confronto solare, invece prezioso per diradare le ombre e chiarire in definitiva il quadro reale dei pagamenti. Ciò, come al solito, a dispetto dell'interesse pubblico. Al contrario – e malgrado le evidenze – delle maggioranze politiche trasversali hanno sepolto il problema, perché scottante e allora da dimenticare. Non fa voti, anzi ne leva parecchi.
Dal canto suo il Movimento 5 stelle ha presentato molteplici atti di sindacato ispettivo parlamentare: sull'approvvigionamento dall'Alaco, per cui incombe in sede penale il rischio della prescrizione; sulle diffuse carenze d'acqua e su casi di forte disagio collettivo – come nel Vibonese – derivanti da inadempienze, interventi tardivi, insufficienti o puntualmente rinviati. Con la collega Nesci abbiamo promosso anche tavoli prefettizi: a Catanzaro, per il triplo punto interrogativo sull'Alaco; a Vibo Valentia, a sostegno delle comprensibili agitazioni di comitati, associazioni e altre formazioni della società civile.
I problemi di fondo sono almeno tre: 1) non di rado la cooperazione tra la Regione, le proprie articolazioni di tutela ambientale e le aziende sanitarie evapora nel consueto scaricabarile sulle competenze; 2) il fatto che Arpacal sia, nell'indifferenza del governo regionale, svilita da un'insufficienza di risorse, bloccata da un'antica soggezione al Palazzo e scossa da inchieste giudiziarie di peso e clamorose nomine apicali, pure oggetto di trattazione parlamentare; 3) la necessità impellente di ampliare il dialogo e favorire la convergenza tra cittadini e attori politici interessati al discorso sull'acqua come bene comune, sovente inavvertita per insistenti volontà di primeggiare su iniziative di ribellione civile.
È adesso il momento di spingere, lontani da polemiche infantili e nell'unità dei soggetti affidabili, per imporre al centro dell'agenda politica regionale i temi della disponibilità, della gestione, dei costi e della salubrità dell'acqua. Dobbiamo però sapere che per questo vi sono ostacoli imponenti: i legacci negli apparati burocratici, l'inconcludenza strumentale negli uffici della Regione, le riparate postazioni di protagonisti di nebulosità e inefficienze nel settore idrico, l'apatia di fette di popolazione abbagliate dalla retorica politica o vinte dal bisogno e, in testa, gli appetiti di potentati più pervasivi della mafia doc.
Una è la certezza: non possiamo più perdere tempo e lasciare altro terreno a Mario Oliverio e codazzo, più che mai impantanati nella scelta del cavallo di partito.
Paolo Parentela
Deputato M5S
Fonte: Corriere della Calabria
Ad oggi si fa finta di nulla. Si ignora con imperdonabile cinismo che il sistema dell'invaso artificiale Alaco – situato nelle Serre calabresi – potrebbe essere fonte di pericolo per un terzo della popolazione regionale. Resta aperto, poi, il capitolo sull'aumento arbitrario delle tariffe, su cui non esistono argomenti contrari, specie alla luce di sentenze cristalline; su tutte la numero 246/2009 della Corte costituzionale, che ha ribadito – anche in risposta a un ricorso della stessa Regione Calabria – che la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato è soltanto dello Stato.
Non è stato ancora accertato quanto Sorical abbia potuto percepire oltre misura, per via della ricordata maggiorazione. Inoltre non ha mai avuto luogo un approfondimento politico sul punto. Mai un confronto solare, invece prezioso per diradare le ombre e chiarire in definitiva il quadro reale dei pagamenti. Ciò, come al solito, a dispetto dell'interesse pubblico. Al contrario – e malgrado le evidenze – delle maggioranze politiche trasversali hanno sepolto il problema, perché scottante e allora da dimenticare. Non fa voti, anzi ne leva parecchi.
Dal canto suo il Movimento 5 stelle ha presentato molteplici atti di sindacato ispettivo parlamentare: sull'approvvigionamento dall'Alaco, per cui incombe in sede penale il rischio della prescrizione; sulle diffuse carenze d'acqua e su casi di forte disagio collettivo – come nel Vibonese – derivanti da inadempienze, interventi tardivi, insufficienti o puntualmente rinviati. Con la collega Nesci abbiamo promosso anche tavoli prefettizi: a Catanzaro, per il triplo punto interrogativo sull'Alaco; a Vibo Valentia, a sostegno delle comprensibili agitazioni di comitati, associazioni e altre formazioni della società civile.
I problemi di fondo sono almeno tre: 1) non di rado la cooperazione tra la Regione, le proprie articolazioni di tutela ambientale e le aziende sanitarie evapora nel consueto scaricabarile sulle competenze; 2) il fatto che Arpacal sia, nell'indifferenza del governo regionale, svilita da un'insufficienza di risorse, bloccata da un'antica soggezione al Palazzo e scossa da inchieste giudiziarie di peso e clamorose nomine apicali, pure oggetto di trattazione parlamentare; 3) la necessità impellente di ampliare il dialogo e favorire la convergenza tra cittadini e attori politici interessati al discorso sull'acqua come bene comune, sovente inavvertita per insistenti volontà di primeggiare su iniziative di ribellione civile.
È adesso il momento di spingere, lontani da polemiche infantili e nell'unità dei soggetti affidabili, per imporre al centro dell'agenda politica regionale i temi della disponibilità, della gestione, dei costi e della salubrità dell'acqua. Dobbiamo però sapere che per questo vi sono ostacoli imponenti: i legacci negli apparati burocratici, l'inconcludenza strumentale negli uffici della Regione, le riparate postazioni di protagonisti di nebulosità e inefficienze nel settore idrico, l'apatia di fette di popolazione abbagliate dalla retorica politica o vinte dal bisogno e, in testa, gli appetiti di potentati più pervasivi della mafia doc.
Una è la certezza: non possiamo più perdere tempo e lasciare altro terreno a Mario Oliverio e codazzo, più che mai impantanati nella scelta del cavallo di partito.
Paolo Parentela
Deputato M5S
Fonte: Corriere della Calabria
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