In località, Cofino, nel territorio di Stefanaconi, a ridosso del comune di Vibo Valentia, vi sono ripetitori posti nelle vicinanze di un'area espropriata diversi anni orsono per la realizzazione del parco archeologico urbano di Hipponion – Vibo Valentia.
Il sito, di rilevante interesse archeologico, era stato indagato in maniera sistematica per la prima volta da Paolo Orsi. Colpito dalla posizione panoramica e preminente del luogo, il celebre archeologo fece effettuare degli scavi tramite trincee in lungo e in largo sull'altura, fino all'individuazione di una struttura sacra: ciò che rimaneva di un tempio ionico costruito sul finire del V sec. a.C., delle dimensioni di m 27,5 x 18,10. Negli anni ’70, in aree ricadenti all'interno dello stesso santuario, sotto la direzione dell'allora ispettore di soprintendenza Claudio Sabbione e del dottor Ermanno Antonio Arslan, furono riportati alla luce a più riprese, con scavi di emergenza, altri edifici di carattere sacro. Poco più est del Tempio si rinvennero un muro di contenimento e una seconda struttura. A breve distanza emerse una statua marmorea a grandezza naturale, oggi esposta presso il Museo archeologico nazionale di Vibo Valentia. Nei pressi delle vicine case popolari, durante i lavori intrapresi dalla Gescal, furono trovate altre strutture di età greca, una delle quali era stata sovrapposta ad un deposito votivo di statuette e vasi di età più antica. Un grosso muro in blocchi calcarei venne identificato nelle vicinanze. Dei numerosi reperti rinvenuti, diversi sono esposti nel locale museo archeologico. Altri siti localizzati nella stessa nella zona restituirono invece strutture e materiali di età romana. Con i fondi attivati di recente dal comune, le strutture antiche presenti nella zona sono state riportate alla luce. I lavori, effettuati fra settembre e dicembre del 2015, hanno infatti messo a vista una serie di edifici di età greca, alcuni già scoperti nel corso del XX secolo e re-interrati, altri emersi oggi per la prima volta.
L'edificio templare scavato e poi coperto nuovamente dall'Orsi nel 1921 è stato riportato in luce e, nonostante le pesanti spoliazioni subite in antico, presenta ancora oggi una certa monumentalità, grazie ai possenti blocchi del basamento e ai due rocchi di colonna superstiti. Davanti all'ingresso del tempio è emerso, inoltre, qualche metro più a Sud, un manufatto in blocchi di calcare nel quale, quasi certamente, è possibile riconoscere l'altare. Nei pressi dello stesso, ancora non del tutto scavate sono altre due strutture: una in laterizi e ciottoli, l'altra in blocchi di calcare. In un altro settore, il muro di contenimento e la struttura già rinvenuti negli anni ’70 sul lato est, sono tornati visibili.
L'articolo 45 del decreto legislativo 42 del 2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio) prevede che:
«1. Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.
2. Le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi degli articoli 46 e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici.»
Nel complesso, la località Cofino è un sito di interesse paesaggistico che copre una visuale molto ampia, dall'Etna allo Stromboli, fino alle tutte le Isole Eolie nei giorni più limpidi. La sua rilevanza nel complesso circondariale è notevole, per il controllo visivo esteso sul golfo di Sant'Eufemia, la valle del Mesima, le Serre, da dove le strutture sacre ivi presenti dovevano essere ben riconoscibili.
I ripetitori esistenti, oltre a deturpare l'ambiente circostante il tempio, sono, altresì, posizionati sul ciglio di un burrone che, in caso di cedimento del suolo, danneggerebbe di certo la struttura di età greca ivi ubicata.
A mio giudizio l'importanza dei reperti trovati nel sottosuolo e la persistenza di strutture fisse a carattere monumentale rende necessaria ed urgente l'apposizione, sull'area in esame, del vincolo archeologico. Per questo motivo insieme a Dalila Nesci e Federica Dieni abbiamo chiesto al Ministro dei Bene Culturali Fraceschini:
1. Quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito alla vicenda esposta in premessa con riguardo agli aspetti di competenza e se non ritenga opportuno, da un lato, che venga imposto un vincolo indiretto, per scongiurare l'eventuale futura realizzazione di altre strutture fisse o temporanee che danneggino il decoro del parco archeologico urbano di Hipponion – Vibo Valentia, e dall'altro di consentire la contestuale rimozione e il dislocamento in altra sede dei ripetitori ivi presenti;
2. Se la Soprintendenza abbia verificato lo stato in cui versa il parco archeologico e se non ritenga che sia in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili e che siano danneggiate la prospettiva e la luce, oltre ad essere alterate le condizioni generali di ambiente e di decoro;
3. Se il Governo non ritenga opportuno elaborare con urgenza un progetto di recupero di tutta l'area che coinvolga enti locali, soggetti privati e associazioni accomunati dall'impegno per la tutela e la conservazione del patrimonio archeologico.
Attendiamo risposta prima che l'ennesimo colpo basso per i beni culturali calabresi abbia il sopravvento!
Il sito, di rilevante interesse archeologico, era stato indagato in maniera sistematica per la prima volta da Paolo Orsi. Colpito dalla posizione panoramica e preminente del luogo, il celebre archeologo fece effettuare degli scavi tramite trincee in lungo e in largo sull'altura, fino all'individuazione di una struttura sacra: ciò che rimaneva di un tempio ionico costruito sul finire del V sec. a.C., delle dimensioni di m 27,5 x 18,10. Negli anni ’70, in aree ricadenti all'interno dello stesso santuario, sotto la direzione dell'allora ispettore di soprintendenza Claudio Sabbione e del dottor Ermanno Antonio Arslan, furono riportati alla luce a più riprese, con scavi di emergenza, altri edifici di carattere sacro. Poco più est del Tempio si rinvennero un muro di contenimento e una seconda struttura. A breve distanza emerse una statua marmorea a grandezza naturale, oggi esposta presso il Museo archeologico nazionale di Vibo Valentia. Nei pressi delle vicine case popolari, durante i lavori intrapresi dalla Gescal, furono trovate altre strutture di età greca, una delle quali era stata sovrapposta ad un deposito votivo di statuette e vasi di età più antica. Un grosso muro in blocchi calcarei venne identificato nelle vicinanze. Dei numerosi reperti rinvenuti, diversi sono esposti nel locale museo archeologico. Altri siti localizzati nella stessa nella zona restituirono invece strutture e materiali di età romana. Con i fondi attivati di recente dal comune, le strutture antiche presenti nella zona sono state riportate alla luce. I lavori, effettuati fra settembre e dicembre del 2015, hanno infatti messo a vista una serie di edifici di età greca, alcuni già scoperti nel corso del XX secolo e re-interrati, altri emersi oggi per la prima volta.
L'edificio templare scavato e poi coperto nuovamente dall'Orsi nel 1921 è stato riportato in luce e, nonostante le pesanti spoliazioni subite in antico, presenta ancora oggi una certa monumentalità, grazie ai possenti blocchi del basamento e ai due rocchi di colonna superstiti. Davanti all'ingresso del tempio è emerso, inoltre, qualche metro più a Sud, un manufatto in blocchi di calcare nel quale, quasi certamente, è possibile riconoscere l'altare. Nei pressi dello stesso, ancora non del tutto scavate sono altre due strutture: una in laterizi e ciottoli, l'altra in blocchi di calcare. In un altro settore, il muro di contenimento e la struttura già rinvenuti negli anni ’70 sul lato est, sono tornati visibili.
L'articolo 45 del decreto legislativo 42 del 2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio) prevede che:
«1. Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.
2. Le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi degli articoli 46 e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici.»
Nel complesso, la località Cofino è un sito di interesse paesaggistico che copre una visuale molto ampia, dall'Etna allo Stromboli, fino alle tutte le Isole Eolie nei giorni più limpidi. La sua rilevanza nel complesso circondariale è notevole, per il controllo visivo esteso sul golfo di Sant'Eufemia, la valle del Mesima, le Serre, da dove le strutture sacre ivi presenti dovevano essere ben riconoscibili.
I ripetitori esistenti, oltre a deturpare l'ambiente circostante il tempio, sono, altresì, posizionati sul ciglio di un burrone che, in caso di cedimento del suolo, danneggerebbe di certo la struttura di età greca ivi ubicata.
A mio giudizio l'importanza dei reperti trovati nel sottosuolo e la persistenza di strutture fisse a carattere monumentale rende necessaria ed urgente l'apposizione, sull'area in esame, del vincolo archeologico. Per questo motivo insieme a Dalila Nesci e Federica Dieni abbiamo chiesto al Ministro dei Bene Culturali Fraceschini:
1. Quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito alla vicenda esposta in premessa con riguardo agli aspetti di competenza e se non ritenga opportuno, da un lato, che venga imposto un vincolo indiretto, per scongiurare l'eventuale futura realizzazione di altre strutture fisse o temporanee che danneggino il decoro del parco archeologico urbano di Hipponion – Vibo Valentia, e dall'altro di consentire la contestuale rimozione e il dislocamento in altra sede dei ripetitori ivi presenti;
2. Se la Soprintendenza abbia verificato lo stato in cui versa il parco archeologico e se non ritenga che sia in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili e che siano danneggiate la prospettiva e la luce, oltre ad essere alterate le condizioni generali di ambiente e di decoro;
3. Se il Governo non ritenga opportuno elaborare con urgenza un progetto di recupero di tutta l'area che coinvolga enti locali, soggetti privati e associazioni accomunati dall'impegno per la tutela e la conservazione del patrimonio archeologico.
Attendiamo risposta prima che l'ennesimo colpo basso per i beni culturali calabresi abbia il sopravvento!
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