La storia che stiamo per raccontarvi
inizia nel lontano 1995, quando l’amministrazione di Celico decide
di individuare un luogo nel quale realizzare una discarica
controllata.
Mentre in tutto il mondo si parlava già del sistema Rifiuti Zero, in Presila invece si correva ai ripari per trovare un
luogo dove sversare i rifiuti in un modo un po’ meno devastante di
come si era fatto sino ad allora, ovvero sversarli in ogni anfratto
nascosto tra i boschi della Sila.
Se fino al 1995 i rifiuti erano
stati sversati tra i boschi è naturale che la scelta del luogo nel
quale realizzare una devastante discarica non poteva che essere un
bosco. Anzi, per non farsi mancare nulla, gli amministratori
dell’epoca scelsero la cresta di una montagna. E per rendere il
lavoro completo scelsero un bosco, sulla cresta di una montagna, che
per raggiungerlo bisognava inerpicarsi per le strade dell’abitato.
Il
posto che meglio rispondeva a questi requisiti era un bosco in
Contrada San Nicola. Nello stesso luogo in cui il padre di Gioacchino da Fiore aveva una vigna e nel quale il frate soleva passeggiare per
elevare le sue preghiere a Dio, accompagnate spesso da
lagrime.
L’idea è quella di incentivare lo “sviluppo”
locale e la “tutela” del territorio attraverso la costruzione e
l’apertura di una discarica. A tal fine fu costituita la SOGED,
una società pubblico-privata costituita dal Comune di Celico e dagli
imprenditori Mirabelli e Gallo.
La discarica, costata 880 milioni
di vecchie lire, era pensata per sversare 78.000 metri cubi di
rifiuti allo stato tal quale prodotti da quattro comuni presilani
consorziati. Già durante la costruzione si presentarono i primi
problemi: una frana, che preannunciava la non idoneità del luogo, ne
determinava la modifica in corso d’opera della volumetria.
I
criteri di costruzione della discarica probabilmente rispondevano a
quanto previsto dalle norme dell’epoca, ma negli anni successivi,
quei criteri sarebbero stati ritenuti insufficienti a trattenere i
veleni prodotti dalla decomposizione dei rifiuti. Con gli anni si è
scoperto che non esistono membrane che riescono a resistere alla
corrosione provocata dal percolato da tal quale, pertanto sono state
introdotte norme che impongono il trattamento dei rifiuti in modo da
renderli meno aggressivi verso le membrane di contenimento.
In
ogni caso la discarica fu realizzata e sfortuna volle che quella buca
enorme fosse considerata l’unica in grado di raccogliere i rifiuti
della provincia di Cosenza che iniziava a sperimentare le prime
emergenze rifiuti.
Fu così che dal 1995 al 23 giugno 2003, un via
vai di camion carichi di spazzatura, che stranamente viaggiavano
anche di notte, iniziò a sversare in Contrada San Nicola, nei pressi
della vigna del padre di Gioacchino da Fiore, non 78.000 metri cubi
ma ben 107.000.
In poche parole, in una discarica costruita per
riuscire a contenere 78.000 metri cubi di rifiuti, ma che in seguito
si sarebbe scoperto non essere in grado di trattenere in modo idoneo
neanche tale quantità, ne sono stati sversati il 50% in più con
successivi devastanti sovrabbanchi.
Negli ultimi anni nel comune
di Celico è stato riscontrato uno strano picco di malattie alla
tiroide e di un particolare tipo di tumore riscontrabile solo in
luoghi fortemente inquinati.
E’ naturale che si giunga a
sospettare che la causa possa essere legata all’inquinamento
provocato dalla vecchia discarica.
Alcune testimonianze raccontano
di due operai che, dopo aver lavorato per anni nella discarica, sono
deceduti dopo essersi ammalati di tumore.
Altre testimonianze
parlano di abbondanti perdite di percolato nel torrente Cannavino e
di animali morti dopo essersi abbeverati nel corso d’acqua.
Al
momento della chiusura della discarica l’Arpacal ha effettuato
alcune analisi che non hanno rilevato valori anomali. Ma il modo in
cui sono stati condotti i prelievi, in numero e con una profondità
inferiore a quella prevista, e la presenza di sostanze tossiche
rilevate successivamente, e i cui valori sono superiori ai limiti di
legge, lasciano non pochi dubbi sull’attendibilità degli
stessi.
Della vecchia discarica non esiste un vero e proprio piano
di caratterizzazione, nè un piano di bonifica, ma solo un progetto
di messa in sicurezza con costi molto elevati parte dei quali a
carico della collettività.
La differenza tra una bonifica e una
messa in sicurezza è sostanziale. La bonifica dovrebbe portare alla
rimozione degli inquinanti, mentre la messa in sicurezza è
semplicemente un’opera di contenimento degli inquinanti nel
tentativo di posticiparne negli anni l’eventuale fuoriuscita
nell’ambiente circostante.
12 settembre 1997 – ore 18:30 – Sala Consiliare Comune di
Celico
Mancavano due anni alla data di prevista chiusura della
vecchia discarica pubblico-privata. In realtà poi sarebbe stata
usata per altri 6 lunghi anni. In consiglio si discute del “Piano
di indirizzi per la programmazione ambientale”.
Rimarrà deluso
chi immagina che in quella sala, memori della devastazione provocata
dalla prima discarica, si discutesse sulla bonifica del luogo e di
una svolta radicale nella gestione dei rifiuti.
All’ordine del
giorno c’era la programmazione della realizzazione di una nuova
discarica. Si proprio così, una nuova discarica sempre in località
San Nicola, in prossimità di quella che stava per essere chiusa
perché, come si dice in freddo gergo tecnico, stavano esaurirsi i
volumi d’abbanco: in altre parole era stracolma di rifiuti.
Alcuni
consiglieri di minoranza tentavano di far comprendere che l’utilizzo
della vecchia discarica era stato stravolto rispetto a quanto
previsto ma il consigliere di maggioranza Oreste Via, intervenendo,
illustrava la storia e i vantaggi derivanti derivanti dall’aver
realizzato una discarica nel bel mezzo di un bosco. I verbali del
consiglio non chiariscono quali sarebbero stati questi vantaggi ma ci
verrebbe da pensare ai lauti guadagni dei membri del consiglio di
amministrazione della SOGED perché a noi riesce difficile pensare
che qualcuno non potesse non rendersi conto che la vecchia discarica
stava per mostrarsi come una vera e propria bomba ad orologeria e che
di vantaggi per la cittadinanza non se ne vedeva neanche l’ombra.
Fu così che l’amministrazione di Celico nel 1997 iniziò il
percorso autorizzativo che porterà alla realizzazione e all’utilizzo
della nuova discarica.
Ci teniamo a rimarcare che nel 1997 si
decise di realizzare una nuova discarica, non un sito per la
lavorazione dell’umido come qualcuno ha tentato di far credere nel
corso degli anni. Una vera a propria nuova discarica nel più bel
bosco di Celico. In un luogo dove la natura regalava grosse castagne
‘nserte e meravigliosi porcini e che secoli orsono aveva ispirato
Gioacchino.
Ma l’amministrazione di Celico non aveva fatto
i conti con il Corpo Forestale dello Stato che riconosceva l’area
interessata dalla nuova discarica come sottoposta a vincolo
idrogeologico. Inoltre il vasto bosco interessato era sottoposto a
tutela paesaggistico-ambientale. La Forestale metteva in guardia
inoltre dalle modalità di realizzazione della vecchia discarica che
avrebbe potuto costituire un corpo di diga con conseguenze devastanti
per il territorio a valle. La Regione Calabria pertanto, supportata
dal parere negativo del Corpo Forestale dello stato, negava il
rilascio dell’autorizzazione.
Di notevole interesse sono le
parole usate nel dispositivo emesso dalla regione Calabria per negare
il rilascio dell’autorizzazione: “la notevole estensione
dell’area da impegnare per l’interramento dei rifiuti allo stato
tal quale potrà determinare notevoli effetti negativi nell’ambiente
limitrofo”.
In altre parole la Regione Calabria riconosceva
scrivendolo nero su bianco che la realizzazione di una nuova
discarica in contrada San Nicola sarebbe stato devastante per
l’ambiente circostante.
Era il momento per chiudere
definitivamente con l’idea di incentrare lo sviluppo del territorio
sulle discariche. Il territorio di Celico era già stato per anni il
ricettacolo dei rifiuti della provincia di Cosenza e la Regione
metteva in guardia dall’idea folle di realizzare una nuova
discarica.
Cosa può aver spinto l’Amministrazione di Celico a
ricercare la strada per riuscire a realizzare ad ogni costo la nuova
discarica? Business is business.
L’utilizzo della vecchia
discarica probabilmente ha generato la distribuzione di una tale
quantità di denaro, probabilmente in modo lecito ma chissà se in
modo altrettanto opportuno, tale da spingere l’amministrazione di
Celico ad individuare modifiche al progetto tali da convincere la
Regione a rilasciare l’autorizzazione. Così viene presentato un
nuovo progetto che interessa un’area molto meno vasta di quella
prevista nel progetto iniziale.
A questo punto la Regione Calabria
cede e rilascia l’autorizzazione. Il Corpo Forestale specifica però
che, il parere positivo si limita solo ad una minima porzione
dell’area interessata dal primo progetto e che “la nuova proposta
progettuale avanzata deve intendersi come l’unica ammissibile”.
In altre parole Forestale e Regione dicono: “abbiamo provato a
mettervi in guardia ma se non siete interessati voi a tutelare il
vostro territorio noi non possiamo fare le barricate quindi fate pure
purchè non esagerate”.
Così nel dicembre 1998 il
Commissario per l’emergenza rifiuti , Pietro Fuda, approva il
progetto di realizzazione della discarica.
Trascorrono un paio di
anni e il 2 Agosto 2001 il 50% della MIGA passa dalle famiglie
Mirabelli e Gallo alla società Salvaguardia Ambientale di Raffaele
Vrenna. Il Ras della spazzatura calabrese entra a far parte del
consiglio di amministrazione della MiGa.
Per capire chi è
Salvaguardia Ambientale basti pensare che si occupa anche del
trattamento dei rifiuti ospedalieri. Nel 2012 Salvaguardia Ambientale
si aggiudicò l’appalto per la gestione dei rifiuti ospedalieri di
tutta la regione Abruzzo con un ribasso del 37% (pari a uno sconto di
15 milioni di euro) che portò alla mobilitazione dei media abruzzesi
per il sorgere di forti dubbi sulle modalità di smaltimento di tali
rifiuti speciali. Lo stesso accadde qualche tempo dopo per i rifiuti
ospedalieri della Regione Basilicata.
Il 24 settembre 2001
accade un fatto inatteso. La Regione Calabria infatti ci ripensa e
revoca l’autorizzazione per realizzare la nuova discarica. Non
siamo riusciti a risalire alle motivazioni di questa revoca perché i
documenti sono per noi introvabili. Inizia infatti da questa revoca
un buco nella storia della discarica.
Quel che è certo è che
18 ottobre 2001 la giunta comunale di Celico non accetta la decisione
della regione e dopo soli 24 giorni, incarica due avvocati per
effettuare ricorso al TAR. La giunta guidata da Oreste Via infatti
non accetta la revoca dell’autorizzazione per realizzare la
discarica e con i soldi dei cittadini di Celico paga due avvocati per
fare ricorso. Come ricorderete Oreste Via è lo stesso personaggio
che nel 1997 interveniva in consiglio a nome della maggioranza per
illustrare i vantaggi generati dall’utilizzo della vecchia
discarica.
Il buco sulla storia della nuova discarica termina con
l’incarico agli avvocati da parte del comune di Celico per
contrastare la revoca dell’autorizzazione e da parte della Regione
per difendere la revoca.
Arriviamo così al 4 ottobre del 2002
quando Alessandro Brutto, cognato di Vrenna, assume la carica di
Amministratore Delegato della MiGa e al 18 novembre 2002, quando il
Commissario per l’emergenza rifiuti Giuseppe Chiaravalloti,
autorizza la messa in esercizio della discarica realizzata sulla base
dell’autorizzazione ricevuta nel 1998.
Cosa sia accaduto tra il
18 ottobre 2001 e il 18 novembre 2002 rimane un mistero. Quel che è
certo è che la Regione Calabria aveva individuato elementi per
ritenere la nuova discarica non più realizzabile e che in seguito a
qualche “strano intervento” questi elementi sono stati messi da
parte.
Nel frattempo giunge un’altra tegola per Via, Vrenna
e tutti coloro che spingono per realizzare la nuova
discarica. Infatti, il 13 gennaio del 2003, viene approvato il
decreto legislativo numero 36 che, recependo una direttiva europea
del 1999, stabilisce nuovi criteri per la realizzazione delle
discariche. Tali criteri rendono il progetto della MiGa del tutto
sorpassato. Il decreto stabilisce tra l’altro che in discarica non
può essere sversato il rifiuto non trattato e che le discariche di
norma non possono essere realizzate in zona sismica di prima
categoria. Classificazione nella quale rientra la Presila intera. La
discarica della MiGa così risulta non utilizzabile perchè non a
norma e questa condizione, tutt’ora in forza, durerà sulla carta
solo sino al 2008.
Il 23 marzo 2005 Vrenna decide di rilevare
integralmente la MIGA. La società che ha un capitale sociale di soli
26.000 euro verrà da ora in poi gestita dall’Amministratore unico
Alessandro Brutto, cognato dello stesso Raffaele Vrenna.
Ma a
chi è il RAS dei rifiuti calabresi che ha rilevato la società MIGA
che gestisce la discarica di Celico?
Investireste voi i vostri denari in una società che dovrebbe
realizzare e gestire una discarica che è non a norma e che quindi
non potrebbe ricevere rifiuti e quindi produrre utili?
La
seconda tegola per Vrenna, Via e il neo acquisto Luigi Corrado arriva
nel 2007, quando la Regione Calabria approva il nuovo Piano Regionale
Rifiuti. Il piano vieta l’utilizzo degli impianti privati a
supporto dell’impiantistica pubblica nella gestione dei rifiuti
prodotti in regione. Detto in altre parole nel 2007 la discarica
della MiGa non solo non è a norma, ma l’impianto non può ricevere
rifiuti prodotti nella regione Calabria.
Vrenna non si scoraggia,
è cosciente che ogni volta che in Calabria si scava una buca prima o
poi si troverà il modo di sversarvi rifiuti, magari anche allo stato
tal quale in modo da massimizzare i profitti.
Probabilmente
di ciò erano coscienti anche gli amministratori del Patto
Territoriale Silano quando, nel 2007, decisero di regale a Vrenna,
tramite la MI.GA., poco meno di un milione e mezzo di euro di fondi
pubblici.
Tali fondi, che dovrebbero essere utilizzati per la
promozione dello sviluppo locale, vengono concessi alla MiGa per
acquistare macchinari per il trattamento dei rifiuti solidi urbani da
sversare in una discarica. Peccato che la discarica non solo non è a
norma ma non può ricevere i rifiuti prodotti nella nostra regione.
Con quale criterio sono stati concessi questi fondi? Non sarebbe
arrivato il momento che qualcuno ne renda conto?
Arriviamo al
2008 quando la MIGA dichiara di aver avviato l’impianto di
biostabilizzazione. Ma per biostabilizzare che cosa? Con rifiuti
provenienti da dove? Quel che è certo è che la MiGa non poteva
ricevere rifiuti prodotti in Calabria. Quel che è ancora più certo
è che un impianto che produce compost, per quanto di qualità, non è
economicamente sostenibile se i costi di trasporto sono eccesivi e
importare rifiuti compostabili da fuori Calabria per giungere alle
porte della Sila ha costi insostenibili.
Sino quindi nel
2008. La discarica non può essere utilizzata perché non risponde ai
requisiti previsti dalla normativa nazionale e non può ricevere
rifiuti prodotti nella Regione Calabria. Ma c’è di più. Nel
progetto iniziale la strada di accesso passa dal comune di Rovito e
l’amministrazione di tale centro si è opposta nettamente al
transito del mezzi che trasportano rifiuti.
Il Sindaco
protempore di Rovito inizia a ricevere intimidazioni pesantissime.
Non sappiamo se gli episodi siano legati al diniego per l’utilizzo
della strada ma le tempistiche sono preoccupanti.
L’opposizione
dell’amministrazione di Rovito all’utilizzo della strada è
inamovibile. Il transito dei mezzi carichi di rifiuti avrebbero
devastato la tranquilla vita dei residenti. Alle preoccupazioni del
Sindaco di Rovito si contrappongono le azioni scellerate del sindaco
Luigi Corrado di Celico che nel 2008 autorizza la realizzazione di
una nuova strada che dalla provinciale che porta a Monte Scuro si
inerpica a ridosso del Parco Nazionale della Sila e costeggiando il
Cannavino porta in località San Nicola.
Vrenna avrà pensato:
“se a Celico c’è un Sindaco così accondiscendente è giunto in
momento per fare il grande passo”. E così il 27 giugno 2008 la
MiGa decide di richiedere l’autorizzazione per ampliare la
volumetria della discarica e per adeguarla alla nuova normativa.
Il
nuovo progetto si estende sino ad interessare le aree soggette a
vincolo per le quali la forestale nel 1997 aveva dato parere
nettamente negativo. E in questo devastante progetto trova complice
il Comune di Celico, la Provincia di Cosenza e la Regione
Calabria.
E’ illuminante leggere i verbali delle conferenza
dei servizi che decidono sull’ampliamento della discarica.
Nella prima riunione il Sindaco del Comune di Celico, Luigi
Corrado, ribadisce “la necessità e l’urgenza ai fini della
tutela del territorio e dell’ambiente di avviare rapidamente i
lavori di costruzione della discarica, e considerato che la
conferenza dei servizi, non aveva raggiunto gli scopi per cui era
stata indetta”, ovvero l’ampliamento della discarica, chiedeva
che “in tempi brevi fosse predisposta una ulteriore
convocazione”.
Veramente strana la fretta di Luigi Corrado. Il
Sindaco del paese che avrebbe risentito maggiormente degli effetti
nefasti dell’apertura della discarica spingeva per giungere al più
presto al rilascio delle autorizzazioni. Questa fretta è ancora più
strana quando, leggendo il progetto della MiGa, si ritrova nero su
bianco la previsione di quello che sarebbe accaduto di li a qualche
anno. La MiGa infatti, nel richiedere l’autorizzazione, scriveva
che con molta probabilità la discarica sarebbe stata utilizzata in
occasione delle emergenze per sversare tal quale.
Perché dunque
tutta questa fretta mostrata dal Sindaco Luigi Corrado?
Luigi
Corrado è lo stesso primo cittadino che ritroveremo nel 2014, con
grande faccia tosta, presentarsi al presidio che tentava di bloccare
l’utilizzo della discarica. Come poteva nel 2014 sostenere la
battaglia di legalità per bloccare la discarica quando egli stesso
aveva contribuito in maniera determinante per il rilascio
dell’autorizzazione?
E’ ugualmente molto interessante leggere
la posizione dell’Amministrazione Provinciale guidata da Mario
Oliverio. Nel primo verbale il rappresentante della Provincia fa una
valutazione tecnica dichiarando che non vi sono gli elementi per
poter valutare la possibilità di rilascio dell’autorizzazione.
Nella seconda riunione la Provincia cambia totalmente tono e con un
intervento tutto politico afferma che, “condividendo la politica di
gestione dei rifiuti della Regione Calabria, al fine di aumentare le
capacità di stoccaggio e trattamento esprime parere favorevole
all’ampliamento della discarica”. Innanzitutto è utile ricordare
che nel 2008 la Calabria era sotto commissariamento per l’incapacità
di risolvere l’emergenza rifiuti, pertanto condividere la politica
di gestione dei rifiuti della Regione Calabria equivale a condividere
il coacervo d’interessi che hanno condannato la nostra regione a 17
anni di commissariamento. Sarebbe poi da chiedersi chi e cosa è
intervenuto tra la prima e seconda riunione della conferenza dei
servizi per portare l’Amministrazione Provinciale ad un così
repentino cambio di posizione.
Altra stranezza che si rileva
nei verbali è l’assenza della Soprintendenza ai beni artistici e
ambientali. Come ricorderete l’area interessata dalla discarica è
soggetta a vincolo paesaggistico ambientale e solo la Soprintendenza
avrebbe potuto far valere tale vincolo. L’assenza di tale ente ha
permesso pertanto di by-passare impunemente tale vincolo garantendo
una sorta di silenzio-assenso.
Ma il quadro non è completo
senza descrivere chi erano i personaggi che hanno autorizzato
l’ampliamento della discarica a livello regionale.
Il primo è
il plurindagato commissario all’emergenza rifiuti Goffredo
Sottile.
Il secondo è il Dirigente del Dipartimento Ambiente
della Regione Calabria Giuseppe Graziano, attualmente consigliere
regionale di forza italia, un personaggio paradossale e vediamo
perché.
Il 7 gennaio 2013, il sito DAGOSPIA, scrive che il
ministro dell’agricoltura Mario Catania sta per nominare i nuovi
comandanti regionali della forestale.
Tra di questi c'è Giuseppe
Graziano indagato in Calabria per falso in atto pubblico e abuso
d’ufficio.
Per lui il tribunale del riesame di Catanzaro aveva
disposto la sospensione da ogni pubblico ufficio visto il concreto
pericolo che lui ed altri indagati commettessero altri gravi delitti
della stessa specie.
Dagospia afferma che Graziano è un grande
collettore di incarichi pubblici e consulenze. E’ stato anche
direttore del Parco del Pollino e in tale veste condannato dalla
corte dei conti della Basilicata a restituire 20.000 euro.
Mentre
era in aspettativa dalla Forestale ha ricoperto l’incarico di
dirigente del dipartimento ambiente della regione Calabria.
In
Calabria è stato a capo del nucleo di valutazione ambientale dando
il via libera al parco eolico Borgia 1.
Secondo il Pubblico
Ministrero Villani quel via libera fu dato con innumerevoli
irregolarità, configurando il rischio concreto di modificazioni
irreversibili del territorio e con danno per l’ambiente ed il
paesaggio.
E’ stato sospeso da ogni pubblico ufficio con
sentenza del 16 ottobre 2013 per poi essere nominato comandante
regionale della forestale.
Vale a dire di quello stesso organo
dello stato, posto a difesa dell’ambiente, che nel 1998 aveva
rimarcato che non era possibile costruire una nuova discarica in
località San Nicola interessando l’area sulla quale egli, come
dirigente regionale, nel 2008 forniva invece parere favorevole.
Nell’autorizzazione rilasciata dalla regione, con il consenso
del Comune di Celico e della Provincia di Cosenza, sono elencati i
rifiuti che possono essere abbancati in discarica. L’elenco è
lunghissimo e preoccupante ma è sufficiente leggere che in discarica
saranno sotterrati: rifiuti da estrazione di minerali metalliferi e
non, fanghi rossi, contenenti barite e cloruri, scarti di tessuti
animali, feci animali, urine e letame, rifiuti prodotti da
trattamenti chimici, cuoio conciato contenente cromo, ossidi di
metallo, scorie fosforose, nerofumo, ceneri pesanti e leggere,
scorie, polveri e particolato, scorie non trattate, rifiuti di
allumina, rifiuti della fabbricazione di amianto-cemento, ceneri di
zinco, catalizzatori, fanghi delle fosse settiche, rifiuti della
pulizia delle fognature.
Nel presentare l’autorizzazione
viene richiesta alla MIGA una relazione integrativa sull’impatto
ambientale. In tale relazione si riscontrano una serie di
informazioni che rendono bene l’idea di come la realizzazione della
discarica sia stata voluta ad ogni costo infischiandosene della
salute dei cittadini.
Nella carteggio prodotto nel 2008 dalla
MIGA, viene allegata una relazione integrativa del sindaco di Celico
del 1997 che, sulla base delle misure effettuate dalla MIGA stessa,
certifica che la distanza dal centro abitato di Celico è inferiore
ai mille metri previsti per legge. Nella relazione si afferma che
tale prescrizione può essere derogata perché previsto da una
delibera di giunta. Peccato che nel 2008 tale delibera era stata
abbondantemente superata da nuove norme. Nella stessa documentazione
si dimentica colpevolmente che la discarica dista meno di 1000 metri
anche dal centro abitato di Rovito e da tale centro la discarica è
perfettamente visibile.
Il fatto più allarmante è
determinato dalla posizione dell’amministrazione di Celico guidata
da Luigi Corrado che, ignorando completamente la questione della
salute dei propri cittadini e di quella dei comuni limitrofi,
autorizza la realizzazione di una discarica pur sapendo che la
distanza dall’abitato non garantisce un margine minimo di
sicurezza.
Che la distanza dai centri abitati non è adeguata
se ne accorgono per primi e a proprie spese i cittadini di Rovito e
poi quelli di Celico e dei comuni limitrofi quando la MIGA inizia a
lavorare rifiuti biodegradabili di cucine e mense, scarti non
utilizzati per il consumo o la trasformazione, imballaggi in legno,
feci animali, urine e letame per produrre compost.
A questo
punto parte la cortina fumogena che tende a presentare la discarica
come un sito di compostaggio. Le preoccupazioni dei cittadini si
concentrano sulla puzza insopportabile che viene emessa durante le
fasi di lavorazione dell’umido, mentre si continua sottotraccia a
lavorare per permette l’utilizzo di quella che è nata da subito
come discarica.
La proteste dei cittadini, soprattutto di
Rovito, spingono il prefetto ad intervenire. La MIGA si impegna ad
effettuare la lavorazione dell’umido in locali chiusi. Tale
prescrizione è da sempre contenuta delle autorizzazioni rilasciate
alla MiGa ma costantemente violata, costantemente denunciata mentre
la Regione Calabria che dovrebbe intervenire revocando le
autorizzazioni continua imperterrita a rilasciare proroghe su
proroghe.
Nel 2012 la MIGA inizia a commercializzare il
compost prodotto con il nome di “Biocompost Compost Biologico” e
nell’approvazione del bilancio comunica che a breve entrerà in
esercizio il primo lotto di discarica. Ci verrebbe da chiedere per
sversare cosa? Coma faceva MiGa a sapere che di li ad un paio di anni
sarebbe esplosa l’ennesima emergenza rifiuti e che la Regione
Calabria avrebbe stravolto le norme per permettere l’utilizzo della
discarica illegale di Celico?
Nello stesso bilancio del 2012 la
MiGa dichiara di aver accumulato perdite per 336.463
euro.
Nell’Amministrazione guidata da Luigi Corrado qualcuno
deve essersi impietosito per un perdita di denaro così consistente e
così nel luglio 2013 il Consiglio Comunale di Celico approva un
protocollo d’intesa per giungere all’utilizzo della discarica
della MIGA.
A questo punto siamo nel 2014. Vrenna ha dalla sua
l’amministrazione di Celico, la Provincia di Cosenza e tutti coloro
che hanno garantito il mantenimento di una situazione di emergenza
nella gestione dei rifiuti. Anche il Crotonese assessore all’ambiente
Pugliano ha tutti gli interessi per avviare nella discarica di Celico
i rifiuti di mezza Calabria. Ma per l’utilizzo della nuova
discarica di Celico c’è un ultimo ostacolo costituito dal Piano
Regionale Rifiuti che impedisce l’utilizzo degli impianti
privati.
Il problema è presto risolto nel febbraio 2014 da un
emendamento alla legge regionale presentato da Fausto Orsomarso. Tale
norma modifica il Piano Regionale per la gestione dei rifiuti e
permette l’utilizzo anche delle discariche private e persino quelle
il cui percorso di autorizzazione definitiva risulta ancora in corso.
L’emendamento è molto contestato dalla minoranza dell’epoca in
consiglio regionale. Leggere i verbali della seduta di consiglio è
emblematico. Il Consigliere Guccione accusa la giunta Scopelliti “di
aver approvato l’emendamento perché non è in grado di uscire
dall’emergenza rifiuti, che la norma presenta profili di
incostituzionalità e che Scopelliti piuttosto che premiare la
Presila per aver raggiunto alte percentuali di differenziata nella
raccolta dei rifiuti, ha adottato soluzioni che distruggono un
sistema, un modello e puniscono un’ esperienza positiva”. Il
consigliere Orsomarso interviene e dalle sue parole si comprende che
non sa neanche di cosa si sta parlando, mentre Sandro Principe si
lamenta perché a suo tempo non è stata autorizzata la realizzazione
di un inceneritore nella città di Rende.
Dal febbraio 2014
non esistono più ostacoli per utilizzare una discarica voluta
dall’amministrazione di Celico sin dal 1997, in un’area soggetta
a rischio sismico 1, a vincolo idrogeologico e
paesaggistico-ambientale, a ridosso del Parco Nazionale della Sila, a
poche centinaia di metri dai centri abitati, a poche decine di metri
dal torrente Pinto e dalla ferrovia e a più di 800 metri sul livello
del mare.
L’improvvisa, ma non inaspettata apertura della
discarica, provoca la reazione delle popolazioni che abitano nei
paesi a ridosso del sito.
Il 16 febbraio 2014 centinaia di persone
muovono in marcia dal centro di Celico sino al presidio che diventerà
per diversi giorni simbolo della protesta tanto da essere intitolato
“piazza della libertà”.
Nel presidio decine di persone
stazioneranno giorno e notte per impedire il transito dei mezzi che
trasportano rifiuti. La resistenza è inamovibile sino al 21
febbraio, quando un centinaio di uomini delle forze dell’ordine tra
carabinieri, polizia e guardia di finanza, provano a forzare il
blocco. Si giunge ad una mediazione. Al fine di far cessare
l’emergenza che ha fatto si che le strade dell’intera Calabria
fossero invase dai rifiuti, il presidio concede il transito dei mezzi
carichi di rifiuti solo per dieci giorni. In cambio pretende il
controllo di ogni mezzo per verificare il tipo di rifiuto trasportato
e la possibilità di visitare la discarica.
Al termine dei dieci
giorni l’emergenza rifiuti in Calabria non è cessata. Il presidio
si sposta in prossimità della strada privata di accesso alla
discarica che s’innesta sulla provinciale che porta a Monte
Scuro.
Le istituzioni non mantengono la promessa. Si tenta
nuovamente di forzare il blocco e di far transitare mezzi che
trasportano tal quale. La resistenza è forte e al grido di
“legalità” la regione è costretta a tornare sui suoi passi. Si
giunge ad un nuovo accordo. Le forze di oppressione utilizzate per
fiaccare la resistenza sono in sovrannumero rispetto alla popolazione
resistente. Le lunghe giornate sotto la pioggia gelida e la neve
impediscono di opporre una resistenza duratura. Si giunge ad un nuovo
accordo che prevede la possibilità di sversare solo dopo aver
trattato i rifiuti a norma di legge.
Il Comitato Ambientale
Presilano alla resistenza civile associa la battaglia legale. Tra le
altre cose invia le proprie osservazioni alla conferenza dei servizi
che deve decidere sul rinnovo dell’autorizzazione scaduta nel
luglio 2013. Si contesta la distanza minima dai centri abitati non
rispettata, la presenza di inquinanti nell’area che dovrebbe
indurre ad una maggiore prudenza e la mancanza di una relazione
geologica a norma.
La regione chiede al Comitato Ambientale Presilano (CAP) di fornire maggiori
elementi sulle distanze che non rispettano le soglie minime,
confermando che una discarica non può essere realizzata a meno di
1000 metri da un centro abitato. Il CAP chiede agli uffici tecnici
del Comune di Celico e di Rovito di certificare le distanze e da tali
relazioni si scopre che la discarica non ha la distanza minima non
solo dai centri abitati di Rovito e Celico ma anche dal torrente
Pinto, dalla ferrovia e dalle case sparse. Tutto ciò a conferma
dell’illegalità della discarica della MiGa.
Le relazioni
vengono inviate alla conferenza dei servizi ma il Dipartimento
Ambiente sconfessa quanto affermato precedentemente e dichiara che il
problema della distanza è già stato valutato in fase di prima
autorizzazione e che quindi non può tenere conto della
controdeduzione. In altre parole la Regione afferma che è vero che
la discarica non rispetta i requisiti per poter essere autorizzata ma
che tale autorizzazione sarà rinnovata perché qualcun altro,
precedentemente, ha deciso di violare le norme.
Il CAP costringe
anche il Comune di Celico e la Provincia di Cosenza ad intervenire
perché la strada utilizzata per giungere alla discarica non è a
norma.
Il Comune di Celico non può fare a meno di emettere
un’ordinanza che limita il transito solo ai mezzi senza rimorchio e
di più ridotte dimensioni.
Da parte sua, anche la provincia di
Cosenza impone ai mezzi che vogliono accedere alla strada privata che
porta in discarica di non attraversare la carreggiata e dunque di
accedere dalla direzione opposta, vale a dire da Fago del
Soldato.
Inutile dire come tali prescrizioni vengano
quotidianamente violate se non in presenza di membri del comitato che
si sostituiscono alla polizia municipale e provinciale per imporre il
rispetto della legge.
Nel frattempo la regione ci riprova e la
presidente facente funzioni Antonella Stasi firma un’ordinanza che
permette di sversare tal quale anche nella discarica di Celico. Il
CAP produce immediatamente un comunicato stampa e minaccia nuovi
blocchi. La stasi meno di 24 ore dopo ritira l’ordinanza. Nella
discarica di celico verranno sversati solo rifiuti trattati. Ma anche
questo è parzialmente vero. La regione non ha impianti sufficienti
per lavorare i rifiuti a norma di legge e per questo viene emessa
un’ordinanza che dimezza i tempi di maturazione del tal quale. Il
risultato è che in discarica viene sversato illegalmente rifiuto non
conforme con la beffa che i cittadini calabresi saranno costretti a
pagare multe salate comminate dalla commissione europea.
Il
27 ottobre 2014, anche grazie allo Sblocca Italia approvato dal
Governo Renzi, il Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, che
sarebbe meglio chiamare Dipartimento Discariche, rinnova
l’autorizzazione alla MiGa per altri 12 anni. Nel dispositivo
impone il termine del 31 dicembre 2014 come data massima oltre la
quale la MiGa può trattare i rifiuti prodotti in Calabria, in
ottemperanza all’emendamento Orsomarso. Una postilla sibillina che
lega l’utilizzo della discarica illegale ad una norma facilmente
prorogabile dal Consiglio Regionale.
Accade così che Scopelliti,
travolto da un’inchiesta giudiziaria, viene costretto alle
dimissioni. Le elezioni del novembre 2014 vengono vinte da Mario
Gerardo Oliverio. Lo stesso che, da Presidente della provincia di
Cosenza, nell’autorizzazione del 2008 ricevuta dalla MiGa per
ampliare la discarica, rilasciava il parere positivo sostenendo di
fatto la politica sui rifiuti della Giunta Regionale.
Tra i primi
atti che firma il Presidente Oliverio vi è la copia conforme delle
ordinanze contingibili e urgenti approvate dal gruppo
Scopelliti-Stasi-Pugliano-Gualtieri. Guarda caso l’ordinanza è
controfirmata dal dirigente del settore ambiente Gualtieri che da
anni fa il bello e il cattivo tempo nel settore rifiuti con risultati
che sono sotto gli occhi di tutti i calabresi.
L’ordinanza che
permette l’utilizzo delle discariche private ha scadenza sino al 31
maggio 2015 ma questo non basta ed il 20 gennaio 2015 viene
presentata in consiglio regionale una legge che proroga l’emendamento
Orsomarso sino al 30 settembre 2015.
Si arriva così al paradosso.
Il consiglio regionale approva all’unanimità la proroga
dell’emendamento Orsomarso, quello che permette l’utilizzo delle
discariche private e di quelle che non hanno le autorizzazioni
perfettamente a norma, con il voto di quegli stessi consiglieri di
centro sinistra che solo un anno prima gridavano allo scandalo.
Allo
scadere della prima ordinanza contingibile e urgente firmata da
Oliverio ne segue un’altra nel maggio 2015 peggiorativa della
precedente. Infatti la nuova ordinanza permette non solo agli
impianti pubblici ma anche a quelli privati il trattamento dei
rifiuti in modo non conforme alla legge.
Il CAP reagisce e diversi parlamentari presentano un’interrogazione al
Ministro dell’Ambiente. Il numero di ordinanze è superiore a
quanto previsto dalla legge. Il Ministro risponde in modo sibillino
affermando di aver chiesto chiarimenti alla Regione Calabria ma di
non aver avuto risposta. Qualche giorno dopo l’ing. Pallaria,
responsabile del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, in
un’audizione in commissione ambiente afferma che allo scadere
dell’ultima ordinanza la Regione non potrà rinnovarla.
Si
giunge all’estate del 2015 e l’odore nauseabondo prodotto dalla
discarica invade i centri abitati di Rovito, Celico e parte di
Spezzano Sila. Il CAP inoltra diverse segnalazioni all’ARPACAL
finche tale ente non segnala alla Regione che la MiGa non ha
ottemperato alla prescrizione che prevede la lavorazione dei rifiuti
all’interno di un capannone dotato di biofiltro.
I lavori che
dovrebbero essere stati conclusi entro 4 mesi dall’ottobre 2014 il
9 luglio sono ancora in alto mare. Il Dipartimento della Regione che
avrebbe dovuto revocare l’autorizzazione concede l’ennesima
proroga con scadenza 9 agosto. In un incontro in Prefettura la MiGa
dichiara candidamente che i lavori del capannone non saranno ultimati
prima della fine di settembre.
Il Comune di
Celico ha pensato e autorizzato il polo industriale della MIGA di
contrada San Nicola come discarica nella quale possono essere
abbancati rifiuti solidi urbani anche non trattati perché così è
stato pensato e così è stato autorizzato nel 1997.
L’impossibilità di sversare rifiuti non trattati è
subentrata solo nel 2003 a seguito del recepimento nella legge
nazionale di una direttiva europea. Sino ad allora la discarica era
stata pensata per sversare TAL QUALE.
Né il Comune di Celico
può sostenere di non aver valutato la possibilità che la discarica
potesse essere utilizzata per sopperire alle emergenze rifiuti della
Regione perché tale ipotesi è avanzata dalla stessa MIGA nella
richiesta di rinnovo dell’autorizzazione presentata nel 2013.
Nel
2008 la MIGA è stata autorizzata a selezionare 156.000 tonnellate di
rifiuti all’anno. La Presila intera ne produce meno di 9.000 e
insieme a Cosenza e Rende meno di 55.000. Pertanto è dal 2008 che la
MIGA è autorizzata a selezionare i rifiuti di quasi tutta la
provincia di Cosenza mentre non ha limiti nella quantità di rifiuti
da abbancare. In altre parole il Comune di Celico ha autorizzato la
realizzazione nel proprio territorio di una discarica capace di
interrare i rifiuti di tutta la regione.
E’ allora
difficile comprendere le motivazioni per le quali con caparbietà le
amministrazioni di Celico che si sono succedute tra il 1997 ed il
2013 hanno voluto a tutti i costi la realizzazione di una devastante
discarica che negli anni ha dato lavoro a non più di 10 persone, in
un luogo non idoneo che necessita di una consistente bonifica per i
danni prodotti negli anni dalla vecchia discarica. Motivazioni senza
dubbio politiche e di opportunità personali, che hanno condannato un
territorio meraviglioso al degrado e all’inquinamento.
La
discarica di Celico rappresenta il fallimento della classe politica
presilana e la sua incapacità a immaginare un futuro di sviluppo
basato sul rispetto dell’ambiente.
- il ritiro dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’impianto di Celico (CS), alla località S.Nicola, della Mi.ga SRL;
- l’impegno a non emettere più dispositivi per l’utilizzo dell’impianto e della discarica e di non inserire impianto e discarica nel nuovo piano rifiuti;
- la gestione pubblica e partecipata del ciclo dei rifiuti.
Firma anche tu la petizione! Puoi recarti presso il tuo comune di residenza se vivi a Celico, Casole Bruzio, Rovito, San Pietro in Guarano, Serra Pedace, Spezzano Piccolo, Spezzano Sila, Trenta. Puoi firmare online cliccando su Change.org. Puoi venire al Presidio permanente allestito allo svincolo della SS 107 presso Celico. Ed è questo che ci auguriamo tu faccia, per condividere, stare insieme, informarsi. Siamo già in tantissimi, ma ci serve il contributo di tutti
Stampa il modulo raccolta firme che trovi cliccando qui e fai firmare parenti e amici.
Per i rappresentanti istituzionali: inviare una mail a comitatoambientalepresila@gmail.com
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