Il fosforo, identificato nella tavola periodica degli elementi col simbolo «P» è uno dei macroelementi, insieme all'azoto (N) e al potassio (K), fondamentale per l'esistenza stessa della vita essendo presente come gruppo fosfato in numerose molecole quali il DNA, l'RNA, l'ATP (per i processi di produzione dell'energia) e nei fosfolipidi delle membrane cellulare, nonché costituente degli enzimi e basilare nei processi ossidoriduttivi.
Il corpo umano ha bisogno di alimenti contenenti circa 0,6-0,8 grammi di fosforo P al giorno.
Il fosforo presente nel terreno viene assorbito attraverso le radici e viene fissato all'interno delle piante e da queste, trasferito agli animali che incorporano il fosforo al proprio interno sia come fosforo organico che inorganico, ovvero come fosfato di calcio. Questo elemento chimico circola nel suolo prevalentemente sotto forma di fosfati di calcio di cui ne esistono tre differenti tipi con diversi rapporti tra fosforo e calcio e solo alcuni di questi, quelli solubili nelle soluzioni circolanti nel terreno, sono assimilabili dai vegetali attraverso l'apparato radicale.
Il prodotto iniziale è il fosfato tricalcico (Ca3(PO4)2), praticamente insolubile in acqua che per reazione con acidi si trasforma in fosfato bicalcico (CaHPO4), poco solubile in acqua, e in fosfato monocalcico (Ca(H2PO4)2), più solubile in acqua, e in queste due forme solubili, il fosforo viene assorbito attraverso le radici delle piante.
Il ciclo del fosforo fino al XIX secolo è stato sostanzialmente chiuso, ovvero senza l'apporto di fosfati al terreno, visto che la frazione assorbita dai vegetali ritorna nel suolo a seguito della degradazione di spoglie e residui, mentre quello fissato negli animali torna disponibile grazie agli escrementi e alla decomposizione delle carcasse.
La «rottura» del ciclo naturale del fosforo è effetto dell'allontanamento della popolazione agricola dai campi, con la crescita delle città e della popolazione e conseguentemente, con l'aumento della domanda di alimenti vegetali e animali che determina il diffondersi delle coltivazioni intensive che sottraggono fosforo al terreno senza restituirlo.
Per far fronte alla diminuzione delle rese agricole, diretta conseguenza dell'impoverimento fosforico dei suoli, ebbe inizio proprio nel XIX secolo lo studio delle correlazioni fra agricoltura e chimica i cui i prodromi sono evidenti nel «Trattato che mostra il legame fra agricoltura e chimica» (Archibald Cochrane, nono conte di Dundonald – 1795).
Il ciclo del fosforo fino al XIX secolo è stato sostanzialmente chiuso, ovvero senza l'apporto di fosfati al terreno, visto che la frazione assorbita dai vegetali ritorna nel suolo a seguito della degradazione di spoglie e residui, mentre quello fissato negli animali torna disponibile grazie agli escrementi e alla decomposizione delle carcasse.
La «rottura» del ciclo naturale del fosforo è effetto dell'allontanamento della popolazione agricola dai campi, con la crescita delle città e della popolazione e conseguentemente, con l'aumento della domanda di alimenti vegetali e animali che determina il diffondersi delle coltivazioni intensive che sottraggono fosforo al terreno senza restituirlo.
Per far fronte alla diminuzione delle rese agricole, diretta conseguenza dell'impoverimento fosforico dei suoli, ebbe inizio proprio nel XIX secolo lo studio delle correlazioni fra agricoltura e chimica i cui i prodromi sono evidenti nel «Trattato che mostra il legame fra agricoltura e chimica» (Archibald Cochrane, nono conte di Dundonald – 1795).
Nel testo, si rilevava che cospargendo il terreno dipolvere di ossa, contenente fosfato tricalcico, si aiutava la crescita delle piante e che le ossa erano più efficaci come concimi se venivano prima calcinate. A seguito di tale scoperta aumentò in tutta Europa la richiesta di ossa da usare come concime, al punto che nei primi anni dell'Ottocento l'Inghilterra ne doveva addirittura importarle dal continente alcune decine di migliaia di tonnellate all'anno.
Justus von Liebig in Germania nel 1842 scoprì che le ossa erano più efficaci come concimi se venivano prima trattate con acido solforico che rendeva il fosforo più solubile in acqua, quindi nelle soluzioni presenti nel terreno, mentre nel 1842 l'inglese John Bennett Lawes brevettò il processo di trattamento sia delle ossa, sia di minerali fosfatici, di cui esistevano giacimenti sotto forma di coprolite in Inghilterra, con acido solforico, dapprima in camere di piombo poi nella «torre di Glover».
A seconda della proporzione di acido solforico impiegato nel trattamento dei fosfati naturali si possono ottenere in diverse proporzioni i «perfosfati», miscele di fosfato monocalcico e di fosfato bicalcico, con diverso grado di solubilità in acqua, insieme a solfato di calcio e con un «titolo», l'indicatore del contenuto in fosforo espresso come anidride fosforica P2O5, variabile dal 14 al 20 per cento.
A partire dall'esperienza di cui al punto precedente, si propagò in tutto il mondo la diffusione di perfosfati e nel 1854 in Inghilterra esistevano 14 fabbriche di perfosfati ottenuti trattando con acidi l'apatite e la fosforite, i minerali del fosforo più diffusi, costituiti essenzialmente da fosfato tricalcico, mentre nel 1859 cominciarono a sorgere fabbriche di concimi fosfatici negli Stati Uniti.
Percy Gilchrist nel 1878 brevettò la sostituzione del rivestimento refrattario acido siliceo del convertitore (di ghisa in acciaio) Bessemer con un rivestimento refrattario basico di calcare sul quale il fosforo veniva fissato dal rivestimento calcareo sotto forma di fosfato di calcio che trovò ben presto impiego come concime fosfatico sotto il nome di «scorie Thomas», costituite da silicofosfati di calcio con un titolo di circa il 16 per cento di P2O5.
Per più di un secolo il perfosfato minerale semplice, con un titolo del 16-20 % è stato il principale concime fosfatico, relativamente poco costoso e con il vantaggio di contenere solfato di calcio in ragione di circa il 12 per cento di zolfo, fino all'avvento del «superfosfato» più concentrato a seguito del trattamento dei minerali fosfatici con acido fosforico anziché solforico, con un titolo intorno al 40-45 % di P2O5, come il Ca(H2PO4)2 che ha un titolo teorico del 47 per cento, la cui produzione è cominciata nel 1934 da parte della Tennessee Valley Authority (TVA), la società statale creata dopo la I guerra mondiale per la produzione di energia idroelettrica, di concimi e di prodotti chimici.
A partire dagli anni ’50 viene introdotto in commercio il concime da fosfato di ammonio ottenuto per reazione fra l'acido fosforico e l'ammoniaca anidra, ovvero il fosfato biammonico ((NH4)2HPO4), contenente i due elementi fertilizzanti fosforo e azoto (concime misto).
Nei concimi misti il titolo è indicato con tre cifre che corrispondono al contenuto «per cento» di azoto (N), di fosforo (P2O5) e in potassio (K2O); ad esempio il fosfato biammonico ha un titolo 18-46-0 e viene prodotto anche il fosfato monoamnnonico ((NH4)H2PO4) con titolo 11-52-0.
I minerali fosfatici (fosforiti e apatiti), da cui si ricavano i concimi fosfatici, contengono anche vari altri elementi, come il fluoro, che viene estratto e usato come materia prima per i composti fluorurati, e l'uranio in concentrazione fra lo 0,010 e il 0,020 per cento, risultando perciò blandamente radioattivi, come anche i fosfogessi, in cui si concentrano anche altri elementi inquinanti originariamente presenti nei minerali fosfatici, con ovvie ripercussioni di carattere ambientale. Si citi ad esempio uno studio effettuato in Germania che ha quantificato in 14.000 tonnellate il quantitativo di uranio sparso sui suoli agricoli tedeschi dal 1951 al 2011, vale a dire un quantitativo cumulativo di 1 chilogrammo di uranio per ettaro.
I fosfati naturali, ovvero la materia prima da cui si ricavano i concimi fosfatici, sono una risorsa non rinnovabile e che le stime parlano di una riserva di 15.000 milioni di tonnellate.
Alcune analisi degli scienziati del Global Phosphorus Research Initiative hanno stimato che il fosforo che si sta estraendo dalle miniere basterà per soddisfare le nostre esigenze alimentari solo per i prossimi 30/40 anni.
Le riserve mondiali di minerali fosfatici nel mondo (90 per cento) sono concentrate in pochi Paesi prevalentemente la Cina, Stati Uniti, Marocco e nel Sahara occidentale (quest'ultima terra appartenente al popolo Saharawi), e pochi altri, la cui domanda in continuo aumento (170 milioni di tonnellate nel 2008) potrebbe innescare tensioni geo-politiche che secondo Foreign Policy (autorevole rivista statunitense dedicata alle relazioni internazionali), minaccia di inaugurare un'era di competizione per lo sfruttamento di questa risorsa.
Sempre Foreign Policy, in un suo articolo, la definisce come «la più grave carenza di risorse naturali di cui avete mai sentito parlare» visto che gran parte degli agricoltori a livello mondiale utilizzano concimi ricchi di fosforo per incrementare la rendita dei loro raccolti, causando il problema del suo ricambio ed interrompendo di fatto il fenomeno conosciuto come «ciclo del fosforo».
Oltre che come concimi (che ne assorbono circa il 90 per cento), i composti del fosforo hanno applicazioni commerciali in molti campi, dai detersivi, alla metallurgia, all'industria alimentare.
L'analisi di laboratorio ci consente di determinare la quantità di fosforo assimilabile presente nel terreno in base alle caratteristiche chimiche fisiche del suolo, potendone così determinarne la dotazione (scarsa, media, buona ed elevata) e di indicare in funzioni di altre variabili (pH, calcare) se parte del fosforo è soggetto a immobilizzazione o retrogradazione.
La situazione attuale, che comporta l'accumulo di rifiuti e provoca grandi perdite in ogni fase del ciclo del fosforo, desta preoccupazioni sui futuri approvvigionamenti nonché sull'inquinamento dell'acqua e del suolo, sia nell'Unione europea che nel resto del mondo.
Le prevedibili conseguenze della probabile futura scarsità del fosforo potrebbero comportare innalzamenti, anche speculativi, del prezzo come accadde nel 2008 dove si ebbe l'innalzamento del prezzo della fosforite del 700 per cento in poco più di un anno, contribuendo all'impennata dei prezzi
dei fertilizzanti.
Dal punto di vista economico, la diversificazione dell'approvvigionamento di fosfato per le imprese dell'Unione europea che sono dipendenti da questa sostanza, migliorerebbe la loro resilienza nei confronti di future instabilità dei prezzi o di altre tendenze che potrebbero aggravare la loro dipendenza dalle importazioni.
I benefici, in termini di ambiente e di uso delle risorse, derivanti dalla maggiore efficienza e dalle minori perdite sarebbero significativi, visto che attualmente l'uso del fosforo si rivela inefficiente nelle diverse fasi del suo impiego, provocando un grave inquinamento idrico e lo spreco di un'ampia gamma di risorse associate.
Indipendentemente dal volume totale del fosfato estratto disponibile e dalla sicurezza degli aspetti dell'approvvigionamento, questi benefici giustificherebbero il riutilizzo e il riciclo del fosforo in modo più efficiente e porterebbero ad avere una migliore gestione del suolo che recherebbe benefici in termini di clima e di biodiversità.
Nei paesi dell'Unione europea gli allevamenti intensivi si concentrano in aree specifiche vicino alle vie di comunicazione e ai grandi centri abitati, portando un'eccessiva concentrazione degli effluenti in queste aree, con un graduale accumulo del contenuto di fosfato nei terreni e un maggior rischio di inquinamento idrico.
L'uso sostenibile del fosforo è divenuto negli ultimi anni, materia di ampie ricerche e studi, lo dimostra l'ultimo lavoro svolto per il Ministero dell'ambiente, dell'alimentazione e degli affari rurali del Regno Unito che individua nel reperimento del fosforo, un fattore di forte criticità nell'ambito dell'approvvigionamento delle risorse agricole e molte pubblicazioni scientifiche evidenziano i rischi legati all'aumento dei prezzi.
A livello nazionale sono già state adottate alcune misure, soprattutto per far fronte ai problemi di inquinamento idrico provocati dal fosforo e per ridurre i rifiuti alimentari o altri rifiuti biodegradabili che contengono fosfati, tuttavia tali azioni sono state concepite al solo scopo di scongiurare l'inquinamento idrico o con altri obiettivi di natura politica, piuttosto che con la vera intenzione di riciclare e risparmiare il fosforo.
Le fonti organiche del fosforo sono spesso materiali pesanti e voluminosi come gli effluenti o i fanghi di depurazione che non possono essere facilmente trasportati su lunghe distanze e che gli approvvigionamenti potrebbero essere distribuiti meglio a livello regionale e la disponibilità del materiale potrebbe essere migliorata sia a livello quantitativo che qualitativo. Per avere una produzione agricola efficiente è necessario disporre, nel suolo, di una quantità di fosforo sufficiente (livello critico) per soddisfare il fabbisogno delle piante durante tutto lo sviluppo, per questo l'UE ha promosso con varie iniziative, una maggiore efficienza nell'uso del fosforo con perdite ridotte in agricoltura, tra queste ricordiamo i codici di comportamento, i programmi di azione ai sensi della direttiva sui nitrati (Direttiva 91/676/CEE) e i regimi agroambientali nell'ambito della politica per lo sviluppo rurale.
L'accresciuto interesse per la protezione del suolo stimolato dalla strategia tematica per la protezione del suolo, insieme alla sezione relativa al suolo delle buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA) nell'ambito della condizionalità prevista dalla politica agricola comune, servono a migliorare la gestione del suolo e a ridurre il declino e l'erosione della materia organica, due elementi che contribuiscono alla perdita del fosforo, ma rimane un considerevole margine di miglioramento per quanto concerne efficienza nell'utilizzo dei fosfati a livello di azienda agricola.
Il consumo umano produce inevitabilmente rifiuti, ma varie tecnologie consentono di recuperare il fosforo dagli impianti per il trattamento delle acque reflue e che negli ultimi anni queste tecniche hanno registrato un notevole sviluppo con l'avvio di numerosi progetti pilota, e ora anche di iniziative su scala commerciale nell'Europa occidentale e settentrionale.
L'articolo 5 della direttiva 91/271/CEE del Consiglio concernente il trattamento delle acque reflue urbane imponga l'eliminazione del fosforo dalle acque reflue, non imponendo tuttavia l'estrazione del fosforo in forma utilizzabile.
Esistono tecniche per l'estrazione del fosforo come la rimozione dello stesso dalle acque reflue sotto forma di struvite o l'applicazione diretta dei fanghi di depurazione sui campi dopo opportuno trattamento.
Molte tecnologie industriali per il recupero del fosforo (da effluenti, acque reflue e rifiuti biodegradabili) sono già state varate quindi giunte a varie fasi di utilizzo, tuttavia non esiste una strategia comune per promuovere l'uso di queste fonti rinnovabili da parte degli agricoltori.
Nella nostra risoluzione presentata in Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, a prima firma Massimiliano Bernini, abbiamo impegnato il Governo a:
- promuovere e a sostenere a livello europeo, iniziative anche di carattere normativo, volte al recupero del fosforo e dei fosfati dagli effluenti, dalle acque reflue e dai rifiuti biodegradabili delle varie attività antropiche, con l'obiettivo dell'utilizzo nella concimazione del suolo agrario, al fine di ridurre progressivamente la dipendenza nell'approvvigionamento da parte dei principali produttori mondiali di minerali fosfatici, in un'ottica di salvaguardia e sostenibilità ambientale, di minimizzazione della contaminazione da uranio e di tutela della sovranità alimentare;
- coinvolgere tutte le istituzioni pubbliche competenti in materia, ad intraprendere un'indagine conoscitiva sullo stato dell'arte dell'approvvigionamento dei concimi fosforici da parte del nostro Paese, sugli attuali consumi, soprattutto del settore primario, e dei trend futuri in termini di impiego della risorsa fosforo;
- assumere iniziative normative e in accordo con le regioni e le provincie autonome, al fine di promuovere il recupero del fosforo dalle varie attività umane (ad esempio le deiezioni animali del comparto zootecnico) al fine di reimpiegarlo quale materia prima per il settore agricolo oltre che di incoraggiare un uso razionale e sostenibile dei concimi fosforici;
- avviare una campagna informativa sulla tematica al fine di informare correttamente i comuni e gli agricoltori sulle prassi e procedure consigliate per il recupero del fosforo e l'impiego sostenibile dello stesso.
Crediamo opportuno intraprendere un'indagine conoscitiva sullo stato dell'approvvigionamento dei concimi fosforici da parte del nostro Paese, sugli attuali consumi, soprattutto del settore primario, e dei trend futuri in termini di impiego della risorsa fosforo e di intervenire a livello normativo, in accordo con le regioni e le provincie autonome, al fine di promuovere il recupero del fosforo dalle varie attività umane (ad esempio le deiezioni animali del comparto zootecnico).
In merito all'importanza della materia in oggetto riteniamo che sia necessario avviare una campagna informativa per comunicare correttamente ai Comuni e agli agricoltori sulle prassi e procedure consigliate per il recupero del fosforo ed il suo impiego sostenibile.
M5S Commissione Agricoltura
M5S Commissione Agricoltura
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