Ancora una bocciatura dall'UE sui fondi strutturali


Giunse già nello scorso aprile, il monito dei parlamentari del M5S sull’Accordo di Paternariato sui Fondi Strutturali europei relativi alla programmazione 2014-2020. In un question time al Ministro dei Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, il MoVimento 5 Stelle aveva sottolineato come l’Unione europea avesse ritenuto la documentazione insufficiente ed incompleta. Oggi, a tre mesi di distanza dall’ammonimento della nostra opposizione al Governo Renzi, il Commissario alle Politiche regionali Johannes Hahn ha rimandato indietro l’ultima versione dell’Accordo di Partenariato italiano con ben 241 rilievi e altre criticità. E pensare che l’intesa va raggiunta necessariamente entro fine luglio.
L’UE ci ha rinviati insomma. Un po’ come scolari che non s’impegnano abbastanza e la cosa che ci fa più rabbia è che la maggioranza non ha minimamente prestato attenzione ai nostri timori nei mesi scorsi. Cosa chiede Bruxelles all’Italia? Semplicemente di fare in modo che ciascuna autorità impegnata nella gestione dei fondi strutturali predisponga un piano di riforma amministrativa che prevede la responsabilità del Ministro o del Governatore della Regione per gli impegni presi nel campo di sua competenza. Inoltre la Commissione europea chiede all’Italia di garantire che un presidio centrale assicuri il monitoraggio degli investimenti cofinanziati dall’Ue. Sul piano dei contenuti, invece, l’Esecutivo Ue chiede che gli obiettivi dei programmi operativi nazionali e regionali rispecchino le raccomandazioni specifiche per Paese, rivolte all’Italia nell’ambito del semestre europeo. E speriamo che questa volta il Governo riesca a essere più diligente. 
L’Accordo di Partenariato tra Italia ed Unione Europea è il documento strategico alla base della programmazione dei Fondi Strutturali 2014-2020 e che impegnano il 37,5% del bilancio complessivo dell’UE. I fondi presenti sono il FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), il FSE (Fondo sociale europeo), il FC (Fondo di Coesione), il FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) ed il FEAMP (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca). All’Italia restano da spendere, entro il 2015, circa 15 miliardi di euro, pena la restituzione. Praticamente, da contribuente netto dell’UE, il nostro Paese rischia anche di ridare indietro i soldi che non ha saputo utilizzare come nel caso della Regione Calabria la quale è stata perfino commissariata da Bruxelles per la cattiva gestione dei fondi. Mentre, entro il 2022, l’Europa ha garantito all’Italia circa 30 miliardi di euro. Considerando la compartecipazione dello Stato italiano, dunque, si tratta di circa 90 miliardi di euro da spendere (più o meno il valore di quattro “finanziarie”) e su cui mancano ancora misure chiare e concrete per il loro utilizzo.

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